I signori degli schioppi


Nota Informativa in Premessa:

Caro lettore,

Desidero sottolineare il seguente racconto sulla storia di un luogo storico, può comprendere anche personaggi e avvenimenti significativi. Questa narrazione è il risultato di approfondite ricerche storiche, condotte con la massima cura per garantire la precisione e l’affidabilità delle informazioni fornite.

Tuttavia, come ogni lavoro di ricerca storica, è importante sottolineare che potrebbero verificarsi errori o imprecisioni nelle fonti utilizzate. Nonostante i miei sforzi per assicurare la correttezza dei fatti esposti, sono consapevole della possibilità di lacune o interpretazioni contestabili.

Invito tutti coloro che leggono questo scritto a contribuire con le proprie conoscenze e correzioni, se ne sono a conoscenza. La vostra partecipazione è essenziale per arricchire la comprensione collettiva del passato. Nel caso in cui individuiate errori o desideriate aggiungere informazioni basate su fonti attendibili, vi prego di condividerle chiaramente, citando la fonte delle correzioni o degli aggiornamenti.

La ricerca storica è un processo in continua evoluzione, e la collaborazione di studiosi e appassionati è fondamentale per consolidare la nostra conoscenza del passato. La trasparenza e la credibilità delle informazioni sono prioritari, quindi ogni contributo è benvenuto per migliorare la qualità di questa narrazione storica.

Ringrazio anticipatamente coloro che vorranno condividere le proprie conoscenze e contribuire a rendere questa rappresentazione della storia del luogo il più accurata possibile.

Con cordiali saluti,

Francesco Indello


Osvaldo Acquafresca

Le menti creative di ACQUAFRESCA hanno rivoluzionato il mondo delle armi, portando a una trasformazione radicale nel panorama bellico. Le loro opere d’arte bellica, come gli archibugi e altre creazioni uniche, sono ora considerate veri capolavori artistici. Questi innovatori hanno lasciato un’impronta indelebile nel settore, con le loro opere esposte in musei di prestigio in tutto il mondo. Dai corridoi del Metropolitan Museum di New York al Victoria and Albert Museum di Londra, gli schioppi dei signori di ACQUAFRESCA sono diventati simboli di ingegnosità e maestria.

Pochi sanno che l’epica storia delle armi da fuoco affonda le sue radici inesorabilmente in una remota località dell’Appennino bolognese. Le straordinarie creazioni degli Acquafresca, vere e proprie opere d’arte, sono oggi venerate e conservate con devozione in rinomati musei sparsi per tutto il globo. Da Londra a Parigi, dal Metropolitan Museum di New York a Washington, dai musei tedeschi alla Svizzera, e naturalmente a Bologna e nei prestigiosi musei italiani, le eccezionali produzioni di questa famiglia hanno trovato dimora. Ma l’eredità degli Acquafresca non si limita a questi templi culturali pubblici; il loro lascito si estende anche nelle collezioni private, nascoste e riservate agli occhi del mondo. Questo filo sottile, tessuto attraverso i secoli, connette il passato al presente, intrecciando le vicende di un’arte intricata e di un sapere unico che continua a risuonare nella trama del tempo.

Per apprezzare appieno il valore di queste straordinarie opere d’arte, basta esaminare la magnifica tabacchiera conservata presso il Victoria and Albert Museum di Londra. In un’epoca passata a Bologna, la decisione di un marchese di mettere in vendita un archibugio autenticato da Matteo Acquafresca ebbe conseguenze notevoli. Il ricavato dalla vendita finanziò la ristrutturazione di un sontuoso palazzo di sua proprietà, situato nel cuore della città. Questo atto non solo sottolineò il valore monetario attribuito a tali capolavori, ma contribuì anche a preservare e valorizzare il patrimonio artistico della famiglia Acquafresca.

Osvaldo Acquafresca

Nel tumultuoso periodo intorno al 1600, quando l’era delle armi bianche volgeva al termine, una famiglia di geniali possidenti terrieri a Bargi emerse come protagonisti di un cambiamento epocale. Abili artigiani forgiatori e maestri incisori, questi innovatori fecero storia introducendo l’archibugio a ripetizione. La loro invenzione segnò una svolta nella storia contemporanea, gettando le basi per il futuro delle armi da fuoco.
Attraverso le generazioni, i discendenti di questa famiglia mantennero viva l’eredità dell’innovazione. Il loro impegno continuo e la passione per la perfezione portarono a ulteriori sviluppi nel mondo delle armi da fuoco. La tecnologia della retrocarica, concepita da questi pionieri, non solo vide la luce ma divenne un pilastro fondamentale nella progettazione delle moderne armi da fuoco.

La storia dell’innovazione nelle armi da fuoco si intreccia con il mistero dell’invenzione della retrocarica. Nel fondamentale testo di Gianoberto Lupi del 1976, “I primi fucili a ripetizione”, emerge la domanda cruciale: chi è il vero inventore di questo sistema? Lupi pone l’attenzione su un personaggio chiave, l’armaiolo fiorentino Lorenzoni, sottolineando che ciò che il mondo conosce come “fucile a ripetizione sistema Lorenzoni” potrebbe effettivamente essere opera di quest’uomo.

Nel 1960, un’altra autorità in materia, il milanese Giorgetti, direttore di vari musei di armi antiche, aggiunge ulteriore complessità a questo enigma. Scrive che un geniale tipo di arma a ripetizione, con 25 colpi, non superata fino al 1850, appartiene all’armaiolo bolognese Acquafresca, vissuto tra il 1600 e il 1690. La teoria suggerisce che, forse, Sebastiano Acquafresca si recò a Firenze per vendere le sue armi al mercato e che il furbo Lorenzoni, titolare di una bottega di armi e più esperto nelle relazioni, potrebbe avergli sottratto l’idea.

In quell’epoca priva di uffici brevetti, le idee si diffondevano senza freni. È interessante notare che Sebastiano Acquafresca, non solo superò in tecnica il danese Kalthoff, che costruì un fucile a ruota nel 1645 capace di sparare trenta colpi, ma concepì anche l’innovativo caricatore dei proiettili nel calcio del fucile. La trama di questa storia si complica ulteriormente, lasciando aperte molte domande sulla vera paternità di questa rivoluzionaria tecnologia.

L’importanza di questa famiglia non si limitò solo al progresso tecnologico; il loro impatto si diffuse come un filo sottile attraverso il tessuto della storia. Le loro invenzioni influenzarono il corso degli eventi, plasmando il modo in cui le armi venivano concepite e utilizzate nel corso del tempo. Il loro ruolo di pionieri nel campo delle armi si consolidò, lasciando un’impronta indelebile nella narrativa delle innovazioni belliche e contribuendo a ridefinire il concetto stesso di potenza e strategia militare.

La stirpe di questa famiglia affonda le sue radici nella dinastia dei Cecchi, una famiglia di fabbri ferrai originaria di Creda. Dopo aver lasciato la loro terra d’origine, la famiglia si trasferì nella vicina valle del Limentra, e con il tempo, il loro cognome subì una lenta trasformazione, diventando Acquafresca. Questa modifica fu influenzata dalla presenza di un pozzo d’acqua fredda situato nell’antica casa che i Cecchi acquistarono nel 1585, nella località di Pianacci a Bargi.

L’acqua fredda che sgorgava da quel pozzo divenne un simbolo intrinseco della freschezza e dell’innovazione che questa famiglia portò nel mondo delle armi da fuoco. La metamorfosi del cognome rifletteva non solo un cambio geografico, ma anche una trasformazione profonda nell’identità della famiglia, segnando l’inizio di un percorso destinato a lasciare un’impronta duratura nella storia delle armi e dell’ingegno creativo.

Qui ha inizio la leggenda del “Signore degli Schioppi”, come narrato nel libro scritto a quattro mani da Gabriele Cremonini e Osvaldo Acquafresca. Osvaldo, il signore che ha saggiamente restaurato l’antica dimora storica di Pianacci, è un diretto discendente di un’antica dinastia il cui nome è parte di una ristretta cerchia di pionieri attribuibili al perfezionamento, se non all’invenzione, di un particolare tipo di arma a più colpi e retrocarica, nata e diffusa nella seconda metà del Seicento.

Il primo tra gli armaioli di Pianacci a guadagnare rinomanza fu Sebastiano Acquafresca, utilizzatore del ferro proveniente dalla più antica ferriera dell’Appennino bolognese, situata a Le Fabbriche di Stagno, lungo le rive del Limentra. Fu proprio lui l’inventore di un archibugio a ripetizione, caratterizzato da una ruota a quattro scatti che permetteva di caricare contemporaneamente palla e polvere. Questo ingegnoso dispositivo rivoluzionario consentiva di anticipare e colpire prima degli avversari impegnati a caricare i loro archibugi dalla bocca della canna. La storia di Sebastiano Acquafresca diventa così un capitolo fondamentale nella saga della famiglia, segnando un momento cruciale nella storia delle armi da fuoco.

Il protagonista principale della straordinaria storia degli Acquafresca fu il figlio Matteo, nato nel 1651, che emerse come l’armaiolo più ambito dalle corti europee. Dotato di un talento straordinario nel cesellare e incidere, Matteo si distinse come uno degli armaioli più avanzati del suo tempo. Il suo archibugio, ora conservato al museo di Birmingham, catturò l’attenzione degli studiosi già oltre un secolo fa, testimoniando la maestria e l’innovazione di questo geniale artigiano.Un’altra straordinaria opera di ineguagliabile maestria è rappresentata dalla coppia di pistole datate 1690, firmate da Matteo Acquafresca e oggi custodite con venerazione al Metropolitan Museum di New York. La loro progettazione ed esecuzione sono paragonabili ai migliori esempi parigini contemporanei, ma è nei meccanismi intricati e negli ornamenti dettagliati che si manifesta un carattere distintamente italiano.

Questa coppia di pistole, come le migliori opere di Matteo, è rivestita in ebano, un legno scuro che funge da tela ideale per sostenere gli intarsi in acciaio scintillante e il filo d’argento che crea ricami finemente lavorati. L’eleganza e la precisione che permeano queste pistole testimoniano la maestria di Matteo Acquafresca, il cui nome è diventato sinonimo di perfezione artistica nel mondo delle armi da fuoco.

Gli ornamenti si susseguono abbondanti su ogni superficie delle pistole di Matteo Acquafresca, con motivi che variano da maschere a uccelli, da animali fantastici a figure umane. In particolare, i rivestimenti presentano busti maschili e femminili cesellati in bassorilievo su placche di acciaio nelle impugnature, chiaramente commissionate per la corte medicea di Firenze e ritraenti Cosimo III, granduca di Toscana, e la sua consorte.

Matteo non era solo un abile armaiolo; oltre a essere il fornitore ufficiale di armi per il Granduca di Toscana e il Conte Ranuzzi, signore della contea di Pian del Voglio, egli ricoprì anche il ruolo di cancelliere dell’Arengo di Bargi. Le sue cronache, che spaziano dal 1696 al 1723, offrono un prezioso resoconto dell’epoca. Esse narrano di eventi memorabili, come la straordinaria nevicata del 1694 e le investiture papali, così come di episodi di angherie e banditismo perpetrati dalla famiglia Butelli, sicari al soldo del Granduca.

Alla morte di Matteo nel 1737, l’arte dell’armaiolo fu ereditata dal nipote Pietro Antonio (1732-1809), che la portò avanti con successo. Tuttavia, agli inizi dell’Ottocento, la rinomata attività degli Acquafresca svanì. Una triste piega si ebbe con Giovan Francesco, soprannominato “scavezzacollo”, nato nel 1833 e figlio di Pietro Antonio. Questo membro sfortunato della famiglia dilapidò l’intero patrimonio accumulato nel corso dei secoli in gioco, vino e donne. La sua azione più disastrosa fu la distruzione dei preziosi disegni tecnici degli antenati, bruciati per accendere il camino, e l’utilizzo del rimanente mobilio invenduto per scaldarsi. Dall’inizio dell’Ottocento in poi, gli Acquafresca, una volta impareggiabili artisti dell’arte delle armi, dovettero cedere il passo all’ascesa della potente industria bellica, con le tragiche conseguenze che si riflettono nelle vicende attuali.

L’officina e la casa di Pianacci, un tempo in uno stato grave di abbandono, furono salvate dalla rovina grazie all’impegno di Osvaldo Acquafresca e dei suoi sei fratelli. Osvaldo, ora in pensione e residente a Bologna, si dedica alla ricostruzione degli alberi genealogici. Oltre a restaurare mobili antichi e i fucili degli avi, ha promosso mostre di armi antiche coinvolgendo la discendenza nel recupero delle vestigia superstiti.

A Firenze, il maestro Fabrizio Acquafresca, rinomato artigiano dell’argento, perpetua la maestria dei suoi predecessori. Nel presente, una curiosità aggiunge un altro ramo all’albero genealogico: Robert Acquafresca, calciatore del Bologna, contribuisce in modo unico alla ricchezza della famiglia.

Mentre la storia degli Acquafresca vive in manoscritti e documenti conservati presso l’archivio della Casa Comelli a Bargi e all’archivio di Stato di Bologna, la famiglia continua a prosperare attraverso le generazioni. L’impegno nel preservare la tradizione e l’eredità culturale si manifesta non solo nelle opere d’arte e nei manufatti, ma anche nella vita quotidiana e nelle passioni che legano questa straordinaria famiglia nel corso del tempo.

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